PRIMA DELLA BONIFICA

INOSPITALITA' DELL'AMBIENTE.
La ricorrente invasione delle acque di piena nelle zone di pianura e la difficoltà o l'impossibilità di sgrondo delle acque interne, specialmente a ridosso della costa, hanno tenuto per secoli il territorio potenzialmente più fertile della provincia sotto il dominio dell'acquitrino e della malaria.
Si spiega così la dominante estensività che fino all'immediato dopoguerra ha caratterizzato l'agricoltura di questo territorio, dove la violenta infestazione malarica rendeva difficile e pericolosa la vita delle popolazioni interessate, opponendosi come un ostacolo insormontabile a qualunque forma di insediamento stabile, mentre la continua minaccia di alluvioni e le ricorrenti e perduranti siccità estive rendevano le terre fortemente esposte ai rischi di perdite anche totali dei raccolti.
In una tale situazione, fino agli anni 50, la destinazione colturale dei terreni del comprensorio risultò dominata nettamente da seminativi e pascoli che perfino nella piana metapontina rappresentavano rispettivamente il 68% ed il 24% della superficie produttiva totale, con una consistente incidenza, nei primi, del maggese nudo e delle colture foraggere.
Scarsa era la presenza delle colture arboree, rappresentate da qualche oasi di arboricoltura di tipo tradizionale, caratterizzata da rese decisamente basse e non remunerative.

CONDIZIONI ECONOMICO-SOCIALI.
Ad una simile precarietà economico-produttiva dell'agricoltura si aggiungeva, poi, uno stato diffuso di disagio economico-sociale dovuto, fra l'altro, anche agli squilibri esistenti nei rapporti fra proprietà, imprese e mano d'opera e alla mancanza di risorse secondarie e di altre attività non agricole.
Infatti, alle scarse capacità occupazionali offerte dal territorio, che costituivano la causa essenziale della elevata pressione bracciantile, si contrapponeva una struttura fondiaria caratterizzata dal prevalere, nelle grandi pianure, delle superfici appartenenti alle grandi e medie proprietà, gestite dagli stessi proprietari o da affittuari capitalisti con metodi tradizionali (basati sul largo ricorso ai maggesi) e con limitati impieghi di capitali, a cui si aggiungeva la presenza, nelle aree pedocollinari e collinari, di nuclei più o meno consistenti di piccole o piccolissime imprese contadine, in proprietà o in affitto o in compartecipazione, in gran parte non autosufficienti o precarie.
Secondo le valutazioni effettuate in occasione degli studi e dei piani di bonifica predisposti dal Consorzio nell'immediato dopoguerra, il livello occupazionale medio consentito dall'agricoltura nelle descritte condizioni dell'epoca, si aggirava intorno a valori per ettaro abbastanza elevati (34 gg per gli oliveti, 22 per il grano, 14 per l'avena, 28 per le fave, 100 per i vigneti, 2 per i maggesi e i pascoli), a causa anche dello scarso sviluppo della meccanizzazione, ma con risultati d'insieme del tutto inadeguati in rapporto al potenziale di mano d'opera disponibile.
Modesta, d'altra parte, risultava la produttività unitaria e complessiva del comprensorio, a causa sia della estensività colturale che delle rese unitarie molto basse.

SERVIZI CIVILI E INFRASTRUTTURE DI BASE.
La quasi completa assenza dei servizi civili e delle infrastrutture di base, ed in particolare le gravi carenze e l'assoluta mancanza di una vera e propria rete viaria, costituivano, infine, una seria strozzatura per qualsiasi prospettiva di valorizzazione produttiva del territorio e di convivenza civile delle sue popolazioni, contribuendo, insieme con gli accennati squilibri della distribuzione demografica, a mantenere su livelli molto bassi la produttività del lavoro, sulla quale incidevano, in misura pesante, i faticosi e lunghi viaggi quotidiani di decine di chilometri che i contadini ed i lavoratori in genere dovevano compiere per recarsi sulla terra e ritornare a sera alle proprie abitazioni.

In questa situazione, caratterizzata in sintesi da una secolare grave carenza di infrastrutture e di servizi, dalla inospitalità dell'ambiente e dalla conseguente scarsa utilizzazione delle sue risorse potenziali e dalla struttura fondiaria primitiva, propri delle economie sottosviluppate, maturarono le premesse della bonifica integrale, dapprima con gli interventi realizzati attraverso il M.A.F. (Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste) fino all'immediato dopoguerra e successivamente con l'azione massiccia e coordinata consentita dalla nuova politica avviata nell'Italia Meridionale con la creazione della Cassa per il Mezzogiorno. Azione, questa, a cui si affiancò subito quella della riforma fondiaria, rivolta ad incidere profondamente sul latifondo e sugli squilibri lamentati nei rapporti fra l'uomo e la terra, mediante l'espropriazione, la trasformazione e la conseguente assegnazione delle terre espropriate ai contadini.

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Ultimo aggiornamento:
30-Ott-2018 13:22