Torre di Mare, nei pressi di Metaponto

relazione pubblicata sul giornale della societa' economica della basilicata

Dott. Luigi CASELLA (1840)

'Nel 1830 volli osservare il luogo così detto Torre di Mare.
La Feudalità è scomparsa; ma i terreni sono nelle mani degli ex Feudatari.
E' dispiacevole però che i proprietari gozzovigliando nella capitale, e tirandone l'affitto colà, dimenticano fare le migliorie, gli argini e canali per far ben correre le acque [...]
Pochi gran proprietari sono i fortunati delle pianure comprese fra il Bradano e il Sinni. Sono conosciuti i Pantani di Policoro, di San Basilio, di Torre di Mare, di San Salvatore, di San Marco e di molti luoghi vicini.
Quali opere di bonificazione quivi si eseguono per non morire nella stagione estiva ed autunnale? I padroni sono ben contenti del gran guadagno dell'affitto vernini, ed intanto la di loro barbara negligenza è la vera cagione dei miasmi paludosi [...]
Giustizia vorrebbe che a spese dei proprietari si eseguisse l'incanalamento delle acque, e lo sgombramento delle paludi, e che gl'indolenti possessori lasciando i letti serici della Capitale, venissero a dirigere un'opera tanto umana, e necessaria [...]
Essendo stato domandato io proposi il progetto delle Colonie [...] La Commissione in tempo opportuno dovrebbe essere permanente nel luogo ove ora chiamasi Torre di Mare, e da qui dirigere le opere idrauliche, ed altri espedienti necessari per l'incanalamento delle acque, e per la bonificazione dei terreni.
Prima di tutto dovrebbe scomparire un lago vicino al mare, ed alla Torre, chiamato Santa Palagina, ch'è la principal fogna pestifera di quelle contrade.
Tutte le opere occorrentino per le capanne dei coloni, deg'istrumenti agrari, dovrebbero essere esitati dalla Commissione, non escluso il giornaliero e giusto salario dei coloni. Il terreno necessario sarebbe, se non venduto, almeno ceduto da' proprietari con un canone, o con equo fitto. [...]
Ho manifestato che almeno le spese fossero a carico della Provincia, o dei Distretti. Conoscendo io il depauperamento delle finanze Comunali, e l'odio di ogni contribuzione amministrativa, potrei lusingarmi, che quella di aggiungere altri grana due su i così detti grani Comunali si soffrirebbe senza mormorio. Detta contribuzione lungi da opprimere la classe o meno ricca, o povera, colpirebbe i grandi proprietari inclusi quelli delle pianure soggette ai vapori nocivi.
Chiamerei in soccorso le private soscrizioni, e più di tutte quelle dei Chiostri, e delle Mense Arcivescovili, che ricavano le loro vistose rendite dagli accennati terreni, e che le consumano altrove in danno degli operari vicini.
I ricchi Arcivescovi di Taranto, Acerenza, e Matera, se pensassero che la moltiplicazione degli uomini nella loro giurisdizione sarebbe quella dei fedeli Cristiani, qual opera meritoria non si eserciterebbe sborsando qualche infinitesimo delle loro ricchezze in favore delle progettate Colonie. Questi sono i miei espedienti fisici, economici, ed amministrativi, come distruggere le letali Maremme, e paludi del Jonio.'